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Il Villaggio SOS di Trento dal 1963 opera in favore di bambini e bambine privi di cure parentali o
temporaneamente allontanati dalle famiglie di origine. La Cooperativa offre attualmente anche altri servizi
progettati in risposta ai bisogni del territorio individuati di concerto con gli enti locali.

Il fondatore

HERMANN GMEINER

Hermann Gmeiner, fondatore dei Villaggi SOS, nacque a Weiler Tannen, Austria, il 23 giugno 1919. Aveva cinque anni quando la madre morì, sperimentando su di sé, ciò che si abbatte sul mondo di un bambino toccato così profondamente nelle sue sicurezze e nei suoi affetti. Nonostante il dolore, vede nella propria casa, nella fattoria, nel villaggio, un’inesauribile energia in grado di accompagnarlo e di sostenerlo nella sua crescita.

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LA STORIA

Fase Fondativa
Anni ‘80
Anni ‘90-’00
Dal 2010 in poi

Fase Fondativa

Il 31 maggio 1962, alla presenza delle autorità, è stata posata la prima pietra del Villaggio SOS di Trento. Esattamente un anno dopo, cinque case erano state costruite e tre di esse si aprivano all’accoglienza di bambini/ragazzi provenienti da istituti provinciali, spesso gruppi di fratelli che fino a quel momento non avevano vissuto assieme. Iniziava così quella che si può definire la fase fondativa del Villaggio, attraverso l’applicazione del modello di H. Gmeiner basato su quattro principi: la Mamma, la Fratellanza, la Casa e il Villaggio. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta si andava consolidando ed ampliando questa esperienza attraverso la realizzazione di altre unità abitative: si arriverà in seguito ad un totale di dieci case più quella destinata alla famiglia del Direttore. Si andava inoltre completando il progetto educativo attraverso la costruzione della così detta “Casa dei giovani”, servizio dedicato agli adolescenti, realizzata nella Baita don Onorio ristrutturata grazie all’intervento dei volontari dell’Ana. Erano gli anni in cui il Villaggio cominciava a farsi conoscere e a diventare destinatario di sostegno economico da parte di tante persone anche nella forma di lasciti testamentari: inizierà a costituirsi un piccolo “patrimonio immobiliare” successivamente utilizzato per offrire ospitalità ad ex ragazzi o a famiglie in difficoltà o per ampliare la tipologia di servizi offerti.

Anni ‘80

Dagli anni Ottanta fino alla metà degli anni Novanta il Villaggio arricchiva e rafforzava una propria cultura dell’accoglienza, mantenendosi aderente al modello originario. L’attività ruotava attorno alle “mamme”, giovani donne che mettevano a disposizione tutta la loro vita: se ne succederanno in tutto trentuno. Parole chiave di questa stagione erano: “esserci” e “costruire un senso di appartenenza” (valeva per i bambini/e accolti e per gli adulti).

Anni ‘90-’00

La complessità delle situazioni e il cambio di domanda sociale da parte del territorio introducevano a metà degli anni Novanta le prime modifiche consistenti: alla “Mamma”, nella casa, venivano affiancate altre figure educative. Questa evoluzione si completerà a metà degli anni Duemila quando, vista anche la difficoltà crescente a trovare nuove persone motivate al ruolo di “Mamma”, in ogni casa diventerà operativa una equipe educativa con all’interno anche educatori di genere maschile. Non si tratterà solo di un cambiamento organizzativo: il lavoro di equipe richiederà riferimenti più espliciti alla professionalità ed alla metodologia.

Dal 2010 in poi

A partire dal 2010 il Villaggio proporrà un ampliamento dei servizi offerti sia nella forma di interventi integrativi di accoglienza residenziale sia nella forma di iniziative indirizzate ad un target di persone diverse in un’ottica prevenzione e promozione: centro diurno ed accoglienza semi-residenziale, accoglienza mamma-con-bambino, servizi di temporanea residenza per adulti e di residenzialità familiare assistita, interventi di educativa domiciliare. Nel corso del 2017 si attiverà anche un’accoglienza residenziale per donne richiedenti asilo con i loro bambini.

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